Napoli senza il mare

            Consideriamo il trasporto pubblico a Parigi: possiamo suddividerlo in trasporto su ferro o su gomma. Lasciamo perdere, per ora, quello su gomma (bus e noctilien – un nome strano per dire ‘bus notturni’) e concentriamoci su quello su ferro: RER, metropolitana e tram. Infine prendiamo la prima delle categorie nominate, la RER. Si tratta di treni più massicci e meno veloci della metropolitana, che hanno i due capolinea fuori dalla zona metropolitana. Se volessimo fare un esempio a noi più vicino, potremmo riferirci alla linea 2 della metropolitana di Napoli, che parte a Castellammare o a Salerno e termina a Pozzuoli, ma da Gianturco a Bagnoli effettua un servizio metropolitano. Se a Napoli troviamo la linea 2 che ha le caratteristiche appena menzionate, a Parigi vi sono ben nove linee di RER. La più simile alla sorella napoletana è la fantomatica RER B. Le somiglianze non si limitano alle fattezze dei treni, ma si intrecciano in uno schema molto più profondo e – oserei dire – spirituale. La RER B è sempre in ritardo. Non solo. Nonostante vi siano enormi schermi LCD con tutte le informazioni d’interesse, non potrete mai essere sicuri di aver preso il treno giusto (infatti, proprio come la linea 2 di Napoli può arrivare sia a Castellammare che a Salerno o anche fermarsi a Torre Annunziata, la RER B ha più destinazioni). Una differenza c’è: a Napoli troverete sempre un controllore o un capotreno che, messo alle strette, alla fine vi darà una qualche informazione, a Parigi no.

La settimana scorsa ho avuto la malaugurata idea di prendere la RER B. L’idea è rimasta tale, perché, sceso giù al binario (che ricorda terribilmente i binari di Piazza Garibaldi a Napoli), messaggio rosso sull’enorme LCD: non si sa quando passerà il treno (almeno hanno dimostrato onestà, dote rara a Parigi). Allora sono risalito in superficie e ho deciso di prendere un pullman. Ero un po’ estenuato dall’attesa nella stazione dei treni, dal fatto che non si sapesse nulla dei ritardi, dal caldo. Sul pullman ho cominciato a parlare con l’autista. Gli ho detto

– Pensavo di essere a Parigi e invece mi sembra di trovarmi a Napoli!

e lui

– Perché, cosa è successo?

– I treni sono tali e quali a quelli di Napoli. Stessi ritardi, stesse inefficienze….

– Sta parlando della RER B, vero?

– Si. Non c’è alcuna differenza tra Parigi e Napoli da questo punto di vista.

Al che l’autista mi guarda e, ritenendo di avere una risposta intelligente, dice

– Ma voi a Napoli avete la mafia!

Non gli ho fatto notare la differenza tra mafia e camorra. Ma non ho saputo trattenermi e gli ho risposto

– Beh, a Napoli almeno sappiamo perché le cose non funzionano. Qui la mafia non c’è ma il risultato è lo stesso: non funziona niente!

Il povero autista non ha potuto più rispondermi. Questo episodio è paradigmatico su cosa sia veramente la città di Parigi: un posto dove ci sono gli stessi (se non di più e peggiori) problemi di tutti gli altri luoghi. Un posto dove niente funziona finché non alzate la voce e fate vedere che non vi sposterete di un millimetro dalla vostra posizione fino a quando tutti gli altri non avranno fatto il loro dovere. Un posto dove tutti sanno che ci sono problemi, ma dove nessuno ne parla. Né i francesi, né gli stranieri che ci vivono. I francesi, chiaramente, perché non ammetteranno mai di avere le stesse problematiche e gli stessi disordini dell’Italia. Gli stranieri, perché non vorranno mai dire ai loro connazionali di trovarsi in un posto in cui si vive peggio che a casa propria. Gli italiani all’estero sono un esempio magistrale di quest’atteggiamento: l’unico problema che riportano in patria è che “in Francia non c’è il bidet”, spostando l’attenzione su una cosa bizzarra e nascondendo tutte le difficoltà che trovano nel vivere in un paese in cui gli unici rapporti che si possono costruire sono superficiali e si riducono a un “ça va?” quando ci si incontra.

            Parigi è anche una città affascinante. Chiaramente. Nessuno mette in dubbio la bellezza di poter iniziare a camminare senza meta e fermarsi solo quando i piedi fanno male, dopo anche venti chilometri e senza essere usciti dai confini della città. O il fatto di attraversare in poco tempo delle zone culturalmente e storicamente completamente diverse. O, ancora, il sole fino alle 10:30. Ma, per il resto, Parigi è molto Napoli. Ve ne accorgete se salite sulla collina di Montmartre e vi soffermate a guardare il panorama. Solo che manca qualcosa: Parigi è una Napoli senza il mare.

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